Sabato 22 Luglio 2023
A STIENTA OSSERVAZIONI SOLARI
con il Gruppo Astrofili Polesani

di Marco Barella



Nonostante la minaccia di temporali, un bel caldo ma non afoso Sole, ha permesso sabato mattina lo svolgersi delle osservazioni solari pubbliche organizzate dalla Biblioteca di Stienta, con l'intervento del Gruppo Astrofili Polesani, all'Imbarcadero di Stienta.
Partenza alle 9:30 con la messa in stazione dei telescopi e il laboratorio proposto ai tantissimi bimbi presenti, da Enzo Bellettato. Laboratorio che ha visto sempre il Sole protagonista come strumento di misura con la costruzione facile di piccoli orologi solari, da utilizzare subito e portare a casa.
Dopo aver regolato e provato tutti gli orologi al Sole, piccola introduzione di Marco Barella su cos'è il Sole, cosa si può osservare e come farlo con gli strumenti idonei in piena sicurezza e protezione dagli intensi raggi solari. Infatti NON si deve MAI puntare lenti o telescopi verso il Sole senza usare filtri e tutte le precauzioni con la guida di un Astrofilo esperto, che ha esperienza in questo tipo di osservazioni.
A questo punto tutti fuori a vedere le macchie solari, le protuberanze e tantissimi altri particolari con strumenti filtrati per la luce bianca e per la frequenza dell'idrogeno. Grazie all'intensa attività solare di questi giorni, ormai prossima al massimo solare del 2025, si è potuto ammirare moltissime macchie nei loro particolari e molte vistose protuberanze con il telescopio solare. Occasioni queste non frequenti in quanto l'osservazione solare è un ambito particolare dell'astronomia, in cui servono strumenti idonei a filtrare in sicurezza la luce solare e selezionare le frequenze giuste, per apprezzare gli affascinanti e mutevoli particolari che la nostra stella offre ogni giorno.
L'evento è stato molto apprezzato e comunque reso possibile grazie anche a Federico Benini, presidente del comitato biblioteca del Comune Stienta, all'ospitalità dell'Associazione "Amici del Po", al patrocinio del Comune di Stienta e dell'Amministrazione Provinciale di Rovigo, con la presenza dell'assessore comunale alla cultura e del sindaco di Stienta.

(Foto di Marco Barella)

Nella serata di mercoledì 19 luglio l'osservatorio ha accolto un folto gruppo di studenti dai 10 ai 14 anni che stanno partecipando al campo scuola di protezione civile "anch'io sono la protezione civile" presso la scuola media Bonifacio organizzato dall'associazione Prociv Italia Coordinamento Veneto.

L'incontro è iniziato con una mini-conferenza sulla Luna a cura del nostro socio Riccardo Longato. Gli ospiti hanno avuto modo di scoprire le più recenti teorie sull'origine del nostro satellite naturale, e sul suo ruolo importantissimo per la stabilizzazione dell'asse di rotazione terrestre che, combinato con l'inclinazione di quest'ultimo, produce un susseguirsi regolare di stagioni che hanno favorito la comparsa della vita. Infine, grazie ad animazioni al computer sono stati illustrati i meccanismi che producono le fasi lunari e le eclissi.

Come sempre, non potevamo concludere la conferenza senza uno dei nostri famosi (o famigerati...) "astro attack". Il nostro socio Moreno Marzolla ha mostrato ad un pubblico un po' incredulo come costruire un cratere lunare usando un sottovaso, farina, un po' di sabbia e un ciottolo di terra secca. Proponiamo spesso questo semplice esperimento perché illustra molto bene come, con pochi mezzi, sia possibile costruire dei modelli sufficientemente accurati di fenomeni molto complessi come l'impatto di un asteroide sul suolo lunare.

È disponibile un video che mostra i dettagli dell'esperimento, nel caso in cui qualcuno lo volesse ripetere:

La serata si è conclusa con la visita alla cupola del telescopio principale, grazie al supporto dei soci Gianluca Colombo e Renato Modena e del vicepresidente Luca Boaretto. Manco a farlo apposta, dopo giorni di caldo torrido l'osservatorio era circondato da pesanti nuvole temporalesche attraverso le quali saettavano i fulmini più estesi di cui avevamo memoria. È proprio vero che, come recita un vecchio detto, basta preparare un telescopio per attirare le nuvole!

Al termine della visita dell'osservatorio, gli ospiti hanno regalato al Gruppo Astrofili Polesani una targa commemorativa in ricordo della serata trascorsa assieme. Da parte nostra non possiamo che ringraziare i ragazzi e gli accompagnatori per l'interesse dimostrato, invitando tutti a tornare a trovarci -- sperando in condizioni meteo più clementi -- per poter osservare la volta celeste con gli strumenti a disposizione.

 

Cosa ci racconta la luce delle stelle? Quali proprietà degli oggetti celesti possiamo scoprire analizzando la loro luce? Questo è stato il tema affrontato nella breve presentazione che ha introdotto l'apertura al pubblico di venerdì 7 luglio 2023 presso l'osservatorio astronomico "Vanni Bazzan".

Cos'è la luce? Quella che noi chiamiamo "luce" può essere considerata come un'onda elettromagnetica, ma anche come un fascio di particelle (fotoni). Per la discussione che segue ci focalizzeremo sulla luce come onda elettromagnetica.

 

Onde di diversa frequenza

Figura 1: Aumentando la lunghezza d'onda diminuisce la frequenza (Public Domain).

 

Un'onda elettromagnetica è caratterizzata da due proprietà: l'ampiezza e la frequenza. L'ampiezza è la distanza tra i "picchi" e gli "avvallamenti"; la frequenza è il numero di oscillazioni al secondo. La frequenza è legata alla lunghezza d'onda, definita come la distanza tra due picchi successivi (Figura 1).

 

Lo spettro elettromagnetico By Philip Ronan - Own work by the original uploader, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2521356

Figura 2: Lo spettro elettromagnetico (Philip Ronan - Own work by the original uploader, CC BY-SA 3.0)

 

La luce visibile è costituita dalle onde elettromagnetiche di frequenza compresa tra 420 a 750 terahertz (1 terahertz sono 1000 miliardi di oscillazioni al secondo). Ogni frequenza produce un particolare colore; inoltre, per emettere luce con un dato colore è necessaria una specifica temperatura. I colori verso il blu richiedono temperature più elevate per essere prodotti, mentre i colori verso il rosso richiedono temperature minori. La prima informazione che la luce fornisce è quindi  la temperatura dell'oggetto che la emette. Nel caso delle stelle, quelle più calde sono di colore azzurro (es., Rigel, Zeta Ophiuchi) con temperature superficiali fino a 30000 gradi Kelvin e oltre, mentre quelle più fredde sono di colore rosso (es., Betelgeuse) con temperature superficiali attorno a 3000 gradi Kelvin.

 

Classe spettrale Temperatura Esempio
O più di 30000K Zeta Ophiuchi
B 10000-30000K Rigel
A 7500-10000K Sirio
F 6000-7500K Procione A
G 5200-6000K Sole
K 3700-5200K Arturo
M 2400-3700K Betelgeuse

 

Per avere ulteriori informazioni, è necessario scomporre la luce nei singoli colori che la compongono. Isaac Newton ha mostrato come un prisma sia in grado di scomporre la luce producendo un arcobaleno che tecnicamente si chiama spettro. Il fisico tedesco Joseph von Fraunhofer osservò per primo delle bande nere nello spettro del Sole (Figura 3), dette linee spettrali: in pratica, ci sono alcuni colori che non compaiono nello spettro del Sole, perché vengono assorbiti dalle sostanze chimiche presenti sulla superficie e nell'atmosfera. I colori mancanti corrispondono a linee nere nello spettro solare (Figura 3), e forniscono informazioni sulla composizione chimica del Sole e in generale delle stelle.

Linee di assorbimento del Sole

Figura 3: Linee di assorbimento nello spettro del Sole (Public Domain)

 

Tutti noi abbiamo avuto a che fare almeno una volta con l'effetto Doppler: il fischio di un treno che viene verso di noi è sempre più acuto di quello di un treno che si allontana da noi; lo stesso vale per i clacson delle automobili, le sirene dei pompieri, eccetera. L'effetto Doppler non vale solo per le onde sonore, ma anche per quelle elettromagnetiche: la luce di un corpo che si avvicina a noi avrà una frequenza maggiore (quindi un colore tendente verso il blu), mentre quella di un corpo che si allontana da noi avrà una frequenza minore (quindi un colore tendente al rosso). L'effetto Doppler consente quindi di stabilire se un oggetto luminoso si sta avvicinando oppure allontanando.  (Figura 4).

 

 Effetto Doppler e redshift

Figura 4: Effetto Doppler

 

La presentazione non poteva che concludersi con uno dei nostri "astro attack". Per l'occasione abbiamo realizzato con materiali semplicissimi uno strumento, detto spettroscopio, in grado di mostrare gli spettri di oggetti luminosi (il Sole, una lampadina, ...).

 

Costruzione di uno spettroscopio con cartoncino nero e un CD-ROM

Figura 5: Costruzione di uno spettroscopio con cartoncino nero e un CD-ROM.

 

In rete si trovano molti progetti per diversi tipi di spettroscopi "casalinghi". Quello che realizzeremo è costituito da una scatolina che si ottiene piegando del cartoncino nero seguendo le istruzioni disponibili a questo indirizzo. Una estremità della scatolina presenta una fessura sottile attraverso la quale entra la luce; all'estremità opposta, inclinata di circa 45 gradi, c'è una finestra di osservazione sulla quale è incollata una griglia di diffrazione. che è quella che effettivamente scompone la luce nei colori che la compongono.

 

Supporto trasparente di un CD-ROM che agisce da griglia di diffrazione

Figura 6: La griglia di diffrazione si ottiene ritagliando il supporto trasparente di un CD-ROM

 

Nonostante il nome altisonante, è possibile costruire una griglia di diffrazione utilizzando un vecchio CD-ROM (Figura 6). Occorre innanzitutto rimuovere la pellicola argentata su cui sono memorizzati i dati. Per farlo basta prendere del nastro adesivo da pacchi, attaccarlo sulla parte superiore del CD-ROM e strappare con forza: Ripetendo il procedimento è possibile rimuovere tutta la pellicola e lasciare solo il supporto trasparente. Osservandolo con attenzione si vede come il supporto di plastica agisca come un prisma e produca riflessi colorati. Questo succede perché sulla plastica è incisa una griglia di diffrazione, che è esattamente ciò che ci serve.

Si ritaglia ora un quadratino di plastica dal supporto del CD-ROM e lo si incolla sulla finestra di osservazione dello spettroscopio. Occorre fare attenzione che le tracce concentriche del CD-ROM siano allineate (parallele) alla fessure da cui entra la luce; se questo non avviene, infatti, non si produrrà alcuno spettro e occorrerà ruotare la finestra.

 

Alcuni spettri fotografati tramite un cellulare usando loi spettroscopio autocostruito

Figura 7: Alcuni spettri fotografati con un cellulare appoggiato alla finestra di osservazione dello spettroscopio.

 

Usare lo spettroscopio è semplicissimo: si punta la fessura verso una sorgente luminosa e si appoggia l'occhio alla finestra di osservazione. Se lo strumento è stato assemblato correttamente si potranno osservare degli spettri come quelli mostrati nella figura precedente; gli spettri possono essere fotografati appoggiando la fotocamera di un cellulare alla finestra di osservazione.

Si vede che non tutte le sorgenti di luce sono uguali: ad esempio, un tubo al neon emette solo alcuni dei colori dello spettro, che risultano visibili come delle bande orizzontali separate da spazi neri. Puntando lo spettroscopio verso un monitor o una TV che mostra una immagine completamente bianca, vedremo come l'immagine sia composta da soli tre colori (rosso, verde, blu). In effetti, osservando la superficie di un monitor con una lente d'ingrandimento possiamo vedere i singoli elementi luminosi raggruppati a gruppi di tre, in cui è presente un elemento rosso, uno verde e uno blu (Figura 7).

Al termine della presentazione, il pubblico è stato accompagnato nella cupola del telescopio principale e sulla terrazza osservativa, dove ha potuto ammirare alcuni oggetti dello spazio profondo sotto la guida dei nostri soci. La serata senza Luna e il cielo relativamente sereno hanno favorito l'osservazione di ammassi globulari (M3, M13, M57), stelle doppie o multiple (Epsilon Lyrae, Albireo, stella Polare) e perfino di una nebulosa (la nebulosa Laguna nella costellazione del Sagittario).

È sempre utile ricordare che le immagini osservate direttamente al telescopio sono molto diverse da quelle che si trovano in rete (ad esempio, quelle riportate qui sotto). Ad esclusione delle stelle, gli oggetti dello spazio profondo appaiono sempre in bianco e nero e sono estremamente deboli, per cui appaiono per lo più come batuffoli indistinti dei quali si può cogliere la forma osservandoli con attenzione e un po' di pazienza. Resta tuttavia la soddisfazione di poter osservare con i propri occhi (con l'aiuto solo di qualche lente o specchio) oggetti che si trovano a migliaia di anni luce di distanza.

 

Messier 3 Messier 13 Messier 57 Albireo Nebulosa Laguna

Figura 8: Da sinistra a destra: Messier 3 (Adam Block/Mount Lemmon SkyCenter/University of Arizona, CC BY-SA 3.0 us); Messier 13 (Sid Leach/Adam Block/Mount Lemmon SkyCenter, CC BY-SA 4.0); Messier 57 (The Hubble Heritage Team AURA/STScI/NASA, Public Domain); Albireo (Hewholooks - Own work, CC BY-SA 3.0); Nebulosa Laguna (ESO/VPHAS+ team, CC BY 4.0). Queste immagini sono state riprese con tecniche fotografiche; quelle che è possibile osservare visivamente al telescopio sono molto diverse.

Mercoledì 27 giugno è stata una serata speciale per l'osservatorio astronomico "Vanni Bazzan". Infatti, il Gruppo Astrofili Polesani ha avuto come graditi ospiti la classe terza A della scuola secondaria "Virgilio-Scardona" di Costa di Rovigo, accompagnata da genitori e insegnanti, che ha visitato la struttura per scoprire le attività del Gruppo e toccare con mano la strumentazione scientifica in dotazione all'osservatorio.

La serata è iniziata con una mini-conferenza tenuta dal nostro socio Riccardo Longato, che dopo una breve introduzione sulla storia del Gruppo ha parlato della Luna. Siamo talmente abituati a vedere la Luna in cielo che la diamo per scontata; tuttavia, in pochi sanno che la nostra stessa esistenza dipende dalla Luna, che con la sua azione gravitazionale contribuisce a stabilizzare l'asse di rotazione terrestre garantendo un ciclo stabile delle stagioni. Inoltre, la Luna causa le maree e si ritiene che proprio l'azione periodica delle maree abbia contribuito a formare gli ambienti in cui si sono prodotte le prime forme di vita.

Gli alunni e i loro accompagnatori hanno ascoltato con interesse e curiosità la presentazione, che si è conclusa con uno dei nostri tradizionali "astro attack", cioè i piccoli esperimenti pratici con cui cerchiamo di dimostrare concetti complicati in modo accattivante e accessibile a tutti. Visto il tema della serata, abbiamo riproposto un nostro cavallo di battaglia: costruire un cratere lunare fatto in casa!

Per realizzare un cratere lunare, basta dotarsi di un sottovaso (o una teglia per pizza), di un pacchetto di farina, un po' di sabbia, e un pezzo di terra secca come "asteroide". Si stende uno strato di farina alto circa 2cm e lo si ricopre con una spruzzata di sabbia. La farina rappresenta la superficie polverosa della Luna, e la sabbia più scura rappresenta lo strato sottile in superficie che viene "abbrustolito" dalla radiazione solare.

A questo punto, si scaglia un pezzo di terra verso il sottovaso, e con un po' di fortuna si ottiene un modello realistico di cratere lunare: lo scontro riporta in vista lo strato chiaro di polvere, e proietta detriti che formano dei "raggi" chiari in tutte le direzioni. Tutte queste caratteristiche si riscontrano nei veri crateri lunari.

L'esperimento è perfettamente riuscito (cosa non del tutto scontata...), a dimostrazione che non servono grandi mezzi per fare della buona divulgazione.

Cratere lunare di farina e sabbia

Un "cratere lunare" fresco di giornata...

Il meteo inclemente ha purtroppo impedito le osservazioni del cielo; di conseguenza, la serata di è conclusa con la visita alla cupola del telescopio principale e alla terrazza osservativa, fino a quando un acquazzone ha costretto tutti a rientrare al coperto.

Il Gruppo Astrofili Polesani desidera ringraziare alunni, genitori e insegnanti della scuola "Virgilio-Scardona" per il calore che ha dimostrato, con l'invito a tornare a farci visita sperando in condizioni meteo migliori.

Quanto dista la Luna dalla Terra? Quanto è grande il Sole? Quanto è grande la Via Lattea? Di queste domande conosciamo le risposte in modo abbastanza preciso: la Luna dista 380000 km dalla Terra (in realtà la distanza varia, perché l'orbita della Luna è ellittica); il Sole ha un raggio all'equatore di circa 594000 km; il disco galattico della Via Lattea ha un diametro di 87000 anni luce.

I numeri però non raccontano tutta la storia, perché sono talmente grandi che facciamo fatica a renderci conto delle proporzioni. Quanto è grande il Sole rispetto alla Terra? Quanto è grande il sistema solare rispetto al Sole? Quanto è grande la Via Lattea rispetto al sistema solare?

Abbiamo già affrontato la questione in occasione di una precedente apertura al pubblico. Nella mini-conferenza introduttiva abbiamo affrontato nuovamente il problema delle dimensioni su scala astronomica da un punto di vista  diverso. Il titolo della presentazione è stato "l'Universo in tasca", perché tutto è stato incentrato su una moneta da 2€.

La Terra grande come una moneta da 2€

Supponiamo che la Terra sia grande come una moneta da 2€. Su questa scala, quanto disterebbe la Luna? 1 metro? 10 metri? 100 metri? Quanto sarebbe grande il Sole se la Terra fosse una moneta da 2€? 1 metro, 10 metri, 100 metri?

Il Sole grande come una moneta da 2€

Il gioco prosegue su scale più grandi. Supponiamo che il Sole sia grande come una moneta da 2€. Quanto sarebbe grande il sistema solare, inteso come l'orbita del pianeta più esterno (Nettuno)?

Il sistema solare grande come una moneta da 2€

Se l'orbita di Nettuno fosse grande come una moneta da 2€, quanto sarebbe grande la Via Lattea?

La Via Lattea grande come una moneta da 2€

Infine, se la Via Lattea fosse grande come una moneta da 2€, quanto disterebbe la galassia di Andromeda, che nella realtà dista 2 milioni e mezzo di anni luce?

Al termine della presentazione, i visitatori hanno potuto osservare alcuni interessanti oggetti celesti sotto la guida dei nostri soci. Per cominciare, i telescopi sono stati puntati verso la Luna e il pianeta Venere. In questi giorni la Luna risulta illuminata circa per il 35%. Anche il pianeta Venere, avendo un'orbita interna a quella della Terra (è più vicino al Sole) presenta una fase, anch'esso è illuminato per circa il 36%

In seguito, l'osservazione si è spostata verso due sistemi stellari multipli: Alcor e Mizar nella costellazione dell'Orsa Maggiore, e Albireo nella costellazione del Cigno. Alcor e Mizar costituiscono la seconda stella del "manico" dell'asterismo del "grande carro". Mizar può essere separata in due componenti (Mizar A e Mizar B), che a loro volta sono composte da coppie di stelle che però sono troppo vicine per essere separate con strumenti amatoriali. Albireo è una stella doppia le cui componenti hanno colori diversi, e come tale è uno degli obbiettivi preferiti dagli astrofili.

Alcor e Mizar; By Nikolay Nikolov - Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=90786828 Albireo A/B: By Hewholooks - Own work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5060526

A dinistra: Alcor e Mizar A/B (Nikolay Nikolov - Own work, CC BY-SA 4.0,); a destra: Albireo A/B (Hewholooks - Own work, CC BY-SA 3.0).

Successivamente, l'attenzione si è spostata verso due costellazioni tipicamente estive: lo Scorpione e il Sagittario, che nella figura che segu8e occupano la parte bassa al centro (il Sagittario a sinistra, lo Scorpione a destra).

Alle nostre latitudini queste due costellazioni restano sempre basse sull'orizzonte e sono visibili solo durante l'estate, per cui risultano spesso "annegate" nell'inquinamento luminoso che si vede in lontananza. In più, la luce delle stelle che le compongono deve attraversare molta più atmosfera rispetto alle stelle che si trovano allo zenit (cioè sulla verticale di chi osserva), risultando estremamente deboli al punto da essere visibili solo attraverso un telescopio, tranne che in condizioni eccezionalmente buone (che in pianura Padana, purtroppo, si verificano molto raramente).

Nonostante questo, è stato possibile osservare l'ammasso globulare M4 nella costellazione dello Scorpione, e la Nebulosa Laguna nella costellazione del Sagittario. È sempre fonte di soddisfazione poter mostrare ai visitatori che non servono strumenti super-potenti per ammirare oggetti celesti distanti migliaia di anni luce da noi. È comunque sempre utile ricordare che l'osservazione visuale attraverso un telescopio sarà sempre molto diversa dalle foto degli oggetti celesti che si trovano in rete perché l'occhio umano funziona in maniera diversa rispetto alle fotocamere. In particolare, gli oggetti celesti appaiono molto più piccoli e deboli.

Ammasso globulare M4 By ESO Imaging Survey - https://www.eso.org/public/usa/images/eso1235a/, CC BY 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=94663247 M8, la Nebulosa Laguna By ESO/VPHAS+ team - http://www.eso.org/public/images/eso1403a/, CC BY 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=30759954

A sinistra: l'ammasso globulare M4 (ESO Imaging Survey - https://www.eso.org/public/usa/images/eso1235a/, CC BY 4.0); a destra: M8, la Nebulosa Laguna (ESO/VPHAS+ team - http://www.eso.org/public/images/eso1403a/, CC BY 4.0). Queste immagini sono state riprese con apparecchiature fotografiche sofisticate; la visione a occhio nudo attraverso al telescopio è molto diversa da così.

 

 

 

 

 

Impressione artistica dell'esopianeta 51 Pegasi b By ESO/M. Kornmesser/Nick Risinger (skysurvey.org) - ESO website, CC BY 4.0

Un folto pubblico si è presentato all'osservatorio in occasione dell'apertura al pubblico di venerdì 2 giugno, complice il lungo ponte della Festa della Repubblica e le condizioni meteo tutto sommato accettabili (basta accontentarsi...). La serata è iniziata con una mini-conferenza sulla scoperta degli esopianeti (detti anche pianeti extrasolari), cioè di pianeti che orbitano altre stelle.

Sebbene l'esistenza di pianeti extrasolari fosse ritenuta molto probabile fin dall'antichità, è stato necessario aspettare gli anni '90 per avere le prime osservazioni confermate. I primi esopianeti ad essere confermati sono stati PSR B1257+12 B e PSR B1257+12 B; nonostante i nomi sembrino più appropriati per targhe automobilistiche che pianeti, si è trattato di una scoperta estremamente importante, tanto più che i pianeti non orbitano una stella normale ma la pulsar PSR B1257+12. Una pulsar è una stella di neutroni in rapida rotazione che emette fasci di impulsi radio; le stelle di neutroni si formano dal collasso gravitazionale di una stella di massa molto maggiore del Sole al termine del suo ciclo di vita.

Impressione artistica dei pianeti in orbita attorno alla pulsar PSR B1257+12. Crediti: NASA/JPL-Caltech/R. Hurt (SSC) - http://photojournal.jpl.nasa.gov/catalog/PIA08042, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=705149

Impressione artistica dei pianeti in orbita attorno alla pulsar PSR B1257+12 (NASA/JPL-Caltech/R. Hurt (SSC) - http://photojournal.jpl.nasa.gov/catalog/PIA08042, Public Domain)

 

Nel 1995 è stato scoperto il primo pianeta in orbita attorno ad una stella "normale", cioè appartenente alla sequenza principale. Il pianeta, denominato 51 Pegasi b, ha fruttato agli astronomi svizzeri Michel Mayor e Didier Queloz che l'hanno scoperto il premio Nobel per la fisica.

Impressione artistica dell'esopianeta 51 Pegasi b; By ESO/M. Kornmesser/Nick Risinger (skysurvey.org) - ESO website, CC BY 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=39719418

Impressione artistica dell'esopianeta 51 Pegasi b (ESO/M. Kornmesser/Nick Risinger (skysurvey.org) - ESO website, CC BY 4.0)

 

Da allora, i pianeti extrasolari sono stati scoperti a centinaia al punto che i sistemi planetari, che una volta si ritenevano come minimo rari, sono oggi considerati la normalità.

Scoprire pianeti extrasolari è abbastanza difficile: non per niente le scoperte sono avvenute solo di recente. Le stelle sono infatti molto lontane da noi, e la presenza di un pianeta viene nascosta dalla luminosità accecante della stella. Osservare un esopianeta è un po' come cercare di osservare una zanzara che svolazza attorno ad un faro che si trova a chilometri di distanza!

Tra le diverse tecniche usate dagli astronomi per intuire la presenza di esopianeti attorno alle stelle c'è il metodo dell'occultamento detto anche metodo del transito: un esopianeta che transita lungo la linea di visuale tra noi e la sua stella ne diminuisce la luminosità. Di conseguenza, il metodo dell'occultamento richiede di misurare la luminosità di una stella alla ricerca di cali periodici, che possono indicare il passaggio di un corpo che blocca temporaneamente parte della luce.

Come funziona il metodo dell'occultamento; By User:Nikola Smolenski - Inspired by image at http://www.iac.es/proyect/tep/transitmet.html, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=487277

Rappresentazione schematica del metodo dell'occultamento: il passaggio di un esopianeta davanti ad una stella ne abbassa di poco la luminosità (curva in basso). User:Nikola Smolenski - Inspired by image at http://www.iac.es/proyect/tep/transitmet.html, CC BY-SA 3.0

 

Il metodo dell'occultamento è stato oggetto di uno dei nostri immancabili "Astro attack!"; stavolta abbiamo avuto bisogno di un po' di supporto tecnologico ma, come da tradizione, molto a buon mercato. Ecco la lista del materiale occorrente:

  • Una fotoresistenza (abbiamo usato una GL5506, ma qualunque altra fotoresistenza va bene);
  • Una resistenza da 1k
  • Un microcontrollore Arduino o compatibile
  • Un PC per visualizzare i risultati
  • Due dischi di cartone annerito incollati alle estremità di altrettanti stecchini.

Una fotoresistenza è un dispositivo elettronico che agisce come una resistenza (cioè rallenta il passaggio di una corrente elettrica) il cui valore dipende dall'intensità della luce a cui è esposta. Di conseguenza, una fotoresistenza illuminata farà registrare un valore di resistenza basso, mentre la stessa fotoresistenza tenuta al buio farà registrare un valore di resistenza elevato.

Fotoresistenza (foto di Moreno Marzolla)

 

Abbiamo utilizzato un microcontrollore Arduino compatibile per leggere e visualizzare tramite un PC il valore della fotoresistenza. Per fare ciò abbiamo realizzato con l'aiuto del nostro socio Gianluca Colombo un semplice circuito, detto partitore resistivo, schematizzato come segue:

Per completare l'esperimento è sufficiente caricare il programma seguente sull'Arduino, e attivare il "plotter seriale" del software Arduino IDE.

void setup( )
{
  Serial.begin(9600);
}

void loop( )
{
  const int sensorValue = analogRead(A0);
  Serial.print("0 ");
  Serial.println(sensorValue);
  delay(100);
}

Puntiamo ora una lampada da tavolo verso la fotoresistenza. Usiamo due dischi di cartone annerito attaccati alle estremità di due stecchini per simulare il passaggio di esopianeti; i dischi devono avere dimensione diversa, dato che esistono esopianeti di tutte le taglie.

Due dischi di cartone di diversa misura incollati alle estremità di due stecchini rappresenteranno due esopianeti di diversa dimensione (Foto di Moreno Marzolla)

 

facciamo passare i due dischi di cartone tra la lampada e la fotoresistenza, e osserviamo come cambia l'intensità luminosa captata dalla fotoresistenza. Il disco piccolo produrrà un piccolo calo di luminosità, mentre il disco più grande produrrà un calo più marcato.

Di conseguenza, il metodo dell'occultamento fornisce anche informazioni sulla dimensione del corpo che passa davanti alla stella.

L'osservazione al telescopio principale ha avuto come protagonista la Luna piena (illuminata al 98%) che molti visitatori hanno "portato a casa" fotografandola col proprio cellulare direttamente dall'oculare del telescopio. Grazie agli strumenti portatili di recente acquisizione, è stato anche possibile ammirare il pianeta Venere, illuminato al 50%, che appariva come un piccolo dischetto luminoso diviso a metà. L'esplorazione del cielo è poi proseguita, scansando le immancabili nuvole, con la "doppia doppia" della Lira, Epsilon Lyrae, e per i più avventurosi la nebulosa ad anello M57, purtroppo a malapena visibile a causa del cielo velato e del chiarore diffuso prodotto dalla Luna.

 

Dopo mesi di maltempo, la serata di venerdì 5 maggio 2023 si è finalmente presentata serena, pur con qualche velatura. Non sorprende quindi che in molti visitatori si siano presentati alla consueta apertura al pubblico dell'osservatorio "Vanni Bazzan" di S. Apollinare, desiderosi di esplorare la volta celeste sotto la guida dei nostri divulgatori.

La mini-conferenza di introduzione alla serata è stata dedicata alle stelle: come nascono, come evolvono, e come concludono la loro esistenza? Con uno dei nostri "astro attack" abbiamo mostrato al pubblico quanto sia semplice (si fa per dire...) costruire una stella con pochi ingredienti e un po' di ingegno. Ma andiamo con ordine.

Le stelle si formano quando una nube di gas (tipicamente, idrogeno) e polveri inizia ad addensarsi a causa della forza di gravità. Il collasso della nube spinge gli atomi di idrogeno sempre più vicini tra loro, fino ad innescare la reazione di fusione nucleare in cui gli atomi di idrogeno vengono "spinti" dalla gravità l'uno contro l'altro per produrre atomi di elio. Questo procedimento, su vasta scala, libera una immensa quantità di energia: si è accesa una stella!

L'idrogeno è un gas molto comune sulla Terra, ma si trova prevalentemente nelle molecole di acqua, che sono composte da due atomi di idrogeno legati a uno di ossigeno. Ecco gli ingredienti per separare l'idrogeno dall'ossigeno:

  • una vaschetta d'acqua
  • bicarbonato o sale da cucina
  • un foglio di alluminio da cucina
  • una batteria da 4,5V
  • una provetta o piccolo flacone vuoto, anche di plastica
  • del filo elettrico

 

Elettrolisi di una soluzione di acqua e bicarbonato di sodio, in preparazione

 

Si scioglie qualche cucchiaino di bicarbonato o di sale da cucina nell'acqua; si collega il polo positivo al foglio di alluminio opportunamente piegato e immerso nell'acqua, e il polo negativo ad un pezzo di filo elettrico la cui estremità è stata privata della guaina di protezione.

Si immerge la provetta nella vaschetta e la si riempie completamente con la soluzione, facendo uscire tutta l'aria. Si posiziona la provetta con la base rivolta verso il basso e immersa nell'acqua; per mantenere stabile la provetta si può usare una molletta da bucato infilata in un sostegno di fil di ferro opportunamente sagomato. Inserendo il cavo elettrico collegato al polo positivo della batteria all'interno della fialetta, si svilupperanno delle piccole bolle di idrogeno che si accumuleranno in cima. Abbiamo ottenuto l'ingrediente con cui costruire una stella!

 

Schema esperimento per elettrolisi dell'acqua

 

L'unico problema è che per costruire una stella di medie dimensioni come il nostro Sole servono 2 miliardi di miliardi di miliardi di tonnellate di idrogeno...

 

 

 

Le stelle evolvono in un delicato equilibrio tra la forza di gravità, che tende a comprimerle verso il centro, e l'energia prodotta dalla fusione nucleare che invece tende a farle esplodere. Finché queste forze si bilanciano, le stelle continuano a brillare; il nostro Sole è arrivato a circa metà della sua vita, e continuerà così per altri 6 miliardi di anni.

Una volta esaurito l'idrogeno, le stelle iniziano a fondere elio per produrre elementi via via più pesanti. Il processo termina quando viene prodotto ferro. Se si tenta di fondere atomi di ferro per produrre elementi più pesanti, non viene liberata energia ma ne viene consumata. A questo punto la sorte di una stella è segnata, e dipende dalla sua massa, cioè dalla quantità di materia che contiene.

 

Possibili evoluzioni delle stelle (NASA Goddard Space Flight Center, CC BY-SA 4.0)

Possibili evoluzioni delle stelle (cmglee, NASA Goddard Space Flight Center, CC BY-SA 4.0)

 

Le stelle di piccole dimensioni, come la nana rossa Proxima Centauri, si raffredderanno fino a diventare nane bianche, che rappresentano le ceneri della fornace nucleare ormai estinta. Il calore residuo viene irradiato nello spazio su tempi lunghissimi (il vuoto è infatti un ottimo isolante termico) e alla fine della stella rimane un oggetto freddo e inerte chiamato nana nera. Serve talmente tanto tempo perché una nana bianca perda tutto il suo calore che si ritiene che nell'intero universo non ci sia stato ancora tempo sufficiente per produrre alcuna nana nera.

Le stelle di medie dimensioni come il nostro Sole vanno incontro ad una fine un po' più movimentata. Quando il processo di fusione nucleare termina, la stella si gonfia per diventare una gigante rossa; in questa fase, il nostro Sole potrebbe arrivare a lambire l'orbita della Terra, che a quel punto sarebbe incenerita come i pianeti interni Mercurio e Venere. La gigante rossa espellerà gli strati esterni dell'atmosfera, producendo quella che viene chiamata nebulosa planetaria. Il nucleo della stella diventa una nana bianca, che andrà incontro allo stesso destino già descritto sopra.

Le stelle di grandi dimensioni sono destinate invece ad una fine spettacolare. Quando cessa la fusione nucleare, la loro immensa forza di gravità fa collassare la massa verso il centro. Si produce in questo modo una esplosione di supernova, che rilascia talmente tanta energia che per un breve periodo la stella morente brilla più dell'intera galassia di cui fa parte. Alcune supernove sono state osservate dagli astronomi dell'antichità come stelle che, per alcune settimane, erano visibili anche in pieno giorno. Il nucleo della stella viene compresso a densità elevatissime, e produce una stella di neutroni o, nel caso di stelle molto massicce, un buco nero.

Al termine della presentazione, la serata è proseguita nella cupola del telescopio principale e sul terrazzo in cui erano stati posizionati alcuni strumenti portatili. Nonostante la Luna piena rendesse difficile osservare gli oggetti dello spazio profondo, i visitatori hanno potuto ammirare il pianeta Venere con la sua fase (infatti, dato che l'orbita di Venere è interna a quella della Terra, il pianeta presenta delle fasi come la Luna), il sistema stellare multiplo Alcor e Mizar nella costellazione dell'Orsa Maggiore, l'ammasso del Presepe nella costellazione del Cancro, e gli ammassi globulari M3 nella costellazione dei Cani da Caccia e M13 nella costellazione di Ercole.

 

Polaris Aa e B viste con un telescopio amatoriale (Fonte: NVN271 - Own work, CC BY-SA 4.0)

Polaris Aa e B viste attraverso un telescopio amatoriale (NVN271 - Own work, CC BY-SA 4.0)

 

Una chicca finale: con uno degli strumenti portatili siamo riusciti a mostrare ai visitatori più pazienti la stella polare in cui risultava visibile la componente Polaris B. La stella polare è infatti un sistema stellare multiplo composto da tre stelle: Polaris Aa (che è quella più luminosa, che vediamo a occhio nudo) che ha una compagna Polaris Ab troppo vicina per essere osservata con un telescopio amatoriale. La terza componente, Polaris B, è invece sufficientemente distante dalla stella principale -- circa 3 Unità Astronomiche, cioè circa tre volte la distanza media Terra-Sole che vale 150 milioni di km -- da poter essere osservata.

 

  Massa Raggio Temperatura
Polaris Aa 5,4 M 37,5 R 6015 K
Polaris Ab 1,26 M 1,04 R  
Polaris B 1,39 M 1,38 R 6900 K

 

La tabella precedente mostra le caratteristiche delle tre stelle del sistema Polaris. M e R indicano rispettivamente la massa (circa 1,98 × 1030 kg) e il raggio (circa 696000 km) del nostro Sole; di conseguenza, Polaris Aa ha cinque volte la massa e 37 volte il raggio del nostro Sole.