Il nostro socio Gianluca Colombo ha realizzato una breve animazione con Stellarium per mostrare il cielo notturno nell'anno 2023. Stellarium è un software astronomico libero e gratuito, che consente di simulare il cielo notturno in un qualunque istante e da qualsiasi luogo sulla Terra. Ci sono poi numerose opzioni per personalizzare la resa grafica e renderla estremamente accurata. Stellarium è disponibile per Windows, Linux e MacOSX. Esiste anche una versione mobile per Android e iOS; la versione libera ha alcune limitazioni ma è perfettamente usabile, mentre la versione mobile a pagamento offre tutte le caratteristiche di quella per PC fisso.

Venerdì 14 aprile 2023: l'ennesimo venerdì uggioso come ormai succede da più di cinque mesi a questa parte. Nonostante le premesse negative, un numero record di visitatori si è presentato all'osservatorio, tra cui alcuni studenti e studentesse della scuola media di Castelmassa accompagnati da genitori e insegnanti. Il cielo coperto e una leggera pioggia hanno reso impossibile l'osservazione al telescopio, per cui l'attività di divulgazione si è svolta all'interno. Abbiamo quindi tenuto una mini-conferenza sulla Luna con una sorpresa finale...

Il nostro satellite naturale tende ad essere un po' snobbato dagli astrofili, che quasi sempre lo hanno osservato molte volte in tutti i modi possibili; la Luna piena inonda il cielo notturno di luce che rende difficile l'osservazione degli oggetti dello spazio profondo più interessanti, come ammassi stellari (di cui abbiamo parlato durante la precedente apertura al pubblico) e nebulose. Nonostante questo, la Luna è sempre uno spettacolo per coloro che non l'hanno mai vista attraverso un telescopio.

La Luna disegnata da Galileo Galilei

La luna disegnata da Galileo Galilei

I momenti migliori per osservare la Luna al telescopio sono le notti in cui la luna non è piena; la parte più interessante, infatti, è il cosiddetto terminatore, cioè la fascia che separa la parte illuminata da quella in ombra. Lungo il terminatore i raggi del Sole arrivano quasi in orizzontale e proiettano ombre attorno ai crateri. Queste ombre aiutano a rendere meglio l'aspetto tridimensionale della superficie lunare, al punto che attraverso un buon telescopio sembra quasi di "volare" sulla superficie del nostro satellite. Galileo Galilei ha riportato le sue osservazioni della Luna nel libro Sidereus Nuncius, avanzando per iscritto l'ipotesi che le ombre che aveva osservato al telescopio fossero prodotte da montagne, contrariamente a quanto affermato da Aristotele che riteneva la Luna una sfera perfetta.

Quale modo migliore per studiare i crateri lunari che provare a costruirne uno? Basta prendere un asteroide di almeno 50km di diametro e scagliarlo a 40'000 km/h verso la Luna. Pensandoci bene forse non è molto pratico, per cui abbiamo preparato un "Art Attack" astronomico per mostrare ai presenti, soprattutto ai più giovani, come costruire un cratere lunare con un sottovaso, un po' di farina, sabbia e un pezzo di terra secca.

Si versa la farina nel sottovaso creando uno strato spesso un paio di centimetri. La farina rappresenta la superficie lunare che è composta da materiale polveroso molto fine. Si ricopre la farina con uno strato di sabbia, per simulare la parte esterna della superficie che è stata resa scura dalla radiazione solare. A questo punto serve l'impatto di un asteroide: si scaglia un piccolo pezzo di terra al centro del sottovaso (occhio a prendere bene la mira!): la terra si disintegra proprio come fa un vero asteroide a contatto con la roccia solida sotto la superficie, e scaglia il materiale tutto intorno.

Il cratere fatto in casa ha tutte le caratteristiche principali di un vero cratere: ha colore chiaro, perché l'asteroide ha scavato la superficie esterna; inoltre, parte del materiale espulso dall'impatto ha formato dei raggi chiari che si allontanano dal cratere. Simuliamo il Sole a picco illuminando il sottovaso dall'alto con una torcia elettrica: non vengono prodotte ombre, come succede quando la Luna è piena, ma si nota bene il contrasto di colori tra la superficie scura e il cratere più chiaro. Illuminando il cratere di lato simuliamo la luce radente lungo il terminatore, che proietta ombre e consente di cogliere la struttura tridimensionale del cratere.

Il video qui sotto mostra tutti i passi necessari a realizzare l'esperimento. Provate anche voi!

La serata è stata un bell'esempio di astronomia "da toccare", oltre che da vedere. L'attività di divulgazione è proseguita con lil vicepresidente Luca Boaretto che ha illustrato il funzionamento del telescopio principale e intrattenuto i presenti con aneddoti e curiosità sull'universo.

Vi aspettiamo all'osservatorio tutti i venerdì sera, come da calendario. Speriamo che la bella stagione porti cieli sereni e sia possibile ammirare le meraviglie del cielo notturno.

     

(Foto e video di Tommaso Schiesaro e Raffaella Stoppa)

 

Cosa ci fanno due barattoli di sabbia in un osservatorio astronomico?

Due barattoli di sabbia, unoi contenente circa 1kg di materiale e l'altro pochi grammi  Moreno Marzolla che indica un ammasso globulare sullo schermo durante la presentazione

La serata di venerdì 7 aprile 2023 si è presentata fin da subito problematica, con nuvole sparse e il resto del cielo pesantemente velato. Prima che la Luna si fosse alzata sull'orizzonte, le nuvole si sono trasformare in una coltre uniforme che ha reso impossibile l'osservazione.

Nell'attesa (o meglio, nella speranza...) che le condizioni migliorassero. abbiamo parlato degli ammassi stellari usando i consueti "potenti mezzi a nostra disposizione": due barattoli di sabbia, appunto.

Gli ammassi globulari sono regioni sferiche di spazio, del diametro variabile da qualche decina a qualche centinaio di anni-luce, che possono arrivare a contenere milioni di stelle, tipicamente molto vecchie. Gli ammassi globulari sono quindi degli immensi "palloni di stelle"; i più grandi sono visibili anche con un telescopio modesto e appaiono come delle macchioline debolmente luminose di forma circolare dai bordi sfumati. Le foto dei telescopi spaziali riescono a vedere le singole stelle che compongono l'ammasso. Se le stelle fossero granelli di sabbia, il barattolo più grande, del peso di circa 1 Kg, conterrebbe le stelle presenti in un ammasso globulare come ad esempio M14 nella costellazione dell'Ofiuco. Facendo le giuste proporzioni, la sabbia risulterebbe sparpagliata all'interno di una sfera di quasi 35km di raggio! Di conseguenza, la densità media di stelle in un ammasso è molto bassa, anche se naturalmente è maggiore al centro rispetto alla periferia.

Gli ammassi aperti contengono al massimo qualche centinaio di stelle, spesso di recente formazione, che tendono ad essersi formate dalla stessa nube di gas e polveri. Al telescopio appaiono come un gruppo di stelle brillanti e molto disperse, che in alcuni casi illuminano i resti della nube di gas che le ha formate. Se le stelle fossero granelli di sabbia, quelle contenute nell'ammasso del Presepe nella costellazione del Cancro peserebbero in tutto mezzo grammo, e sarebbero sparpagliate in un raggio di circa 15km. Da questi semplici esperimenti possiamo capire come in realtà gli ammassi stellari siano molto meno densi di come appaiano nelle fotografie astronomiche.

Il pubblico dell'osservatorio nella sala buia  Il telescopio principale puntato verso l'esterno  Il pubblico nella sala divulgazione

Foto di Raffaella Stoppa e Marco Barella

A sorpresa, verso mezzanotte le condizioni meteo sono migliorate, e i pochi visitatori rimasti hanno potuto osservare la Luna attraverso il telescopio principale, tra una nuvola e l'altra. In più, usando uno degli strumenti portatili di nuova acquisizione, è stato possibile osservare alcuni degli ammassi stellari descritti durante la mini-conferenza di inizio serata: l'ammasso globulare M3 nella costellazione dei Cani da Caccia, e l'ammasso aperto M44 (detto anche Ammasso Alveare o Ammasso del Presepe) nella costellazione del Cancro.

 

Ammasso globulare M3 Ammasso aperto M44 (ammasso del Presepe o ammasso alveare)

A sinistra: ammasso globulare M3 nella costellazione dei Cani da Caccia (Adam Block/Mount Lemmon SkyCenter/University of Arizona, CC BY-SA 3.0 US); a destra, ammasso aperto M44 nella costellazione del Cancro (Fried Lauterbach, CC BY-SA 4.0).

Nonostante il meteo inclemente di questo periodo, proseguono le aperture al pubblico del venerdì sera. Venerdì 24 marzo 2023 un nutrito gruppo di visitatori si è presentato all'osservatorio per assistere alle nostre presentazioni e osservare il cielo con gli strumenti a disposizione.

L'introduzione alla serata è stata curata dal nostro socio Gianluca Colombo che ha parlato della storia del calendario: come si fa ad assegnare una data precisa ai giorni dell'anno, quando la durata dell'anno solare non è precisamente di 365 giorni? Gli errori, per quanto piccoli, si accumulano e si sommano ad altri fattori, e ogni tanto occorre "aggiustare" il calendario tramite gli anni bisestili, e regolando gli orologi atomici di un secondo in avanti.

I visitatori hanno inoltre scoperto un aneddoto curioso legato alla gestione delle date nel programma Microsoft Excel, che tratta (erroneamente) l'anno 1900 come bisestile, come verificato anche mostrando un esempio pratico. In realtà si tratta di un errore voluto, introdotto nella primissima versione di Excel per renderlo compatibile con Lotus 1-2-3, l'antesignano dei fogli di calcolo moderni.

   

 

Purtroppo il cielo pesantemente velato ha impedito di utilizzare il telescopio principale, ma grazie ad uno degli strumenti portatili recentemente acquistati è stato possibile osservare brevemente l'ammasso aperto M35 nella costellazione dei Gemelli, Lambda Orionis della costellazione di Orione, Alcor e Mizar nell'Orsa Maggiore, e l'asterismo dell'"anello di fidanzamento" dell'Orsa Minore. Ormai siamo rassegnati alle nuvole fantozziane che rovinano le serate del venerdì (risparmiando magari gli altri giorni della settimana); non ci resta che sperare che la bella stagione porti un po' di cieli sereni.

 

Da sinistra a destra: M35, Lambda Orionis, Alcor e Mizar A/B (M35 by Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5873380; Lambda Orionis by Mario Weigand: Alcor/Mizar By Nikolay Nikolov - Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=90786828)

 

 

Ultimamente il meteo non è molto favorevole per le osservazioni astronomiche, soprattutto (guarda caso) di venerdì, in cui si tiene la serata di apertura al pubblico dell'osservatorio. D'altra parte, un detto comune tra gli astrofili è che portare all'aperto un telescopio attrae immediatamente le nuvole...

Dato che situazioni del genere capitano spesso, soprattutto in inverno, i nostri divulgatori hanno sempre pronto un "piano B" che consiste nel tenere delle presentazioni divulgative su argomenti legati all'astronomia. La mini-conferenza della serata ha riguardato il caos nel sistema solare: è possibile prevedere con precisione la posizione dei pianeti del sistema solare in un qualunque istante futuro? Secondo Johannes Kepler la risposta era sì: le tre leggi del moto dei pianeti da lui scoperte rendevano il sistema solare simile ad un meccanismo ad orologeria perfettamente prevedibile.

Oggi sappiamo che l'ottimismo di Kepler è stato affrettato: il sistema solare, sebbene appaia regolare e prevedibile su scale di tempo "umane", è imprevedibile nel lungo periodo, esattamente come il doppio pendolo che è stato il protagonista di una dimostrazione pratica che ha incuriosito i presenti (si ringrazia il nostro socio Tommaso Schiesaro per il video).

Il fatto che il sistema solare sia caotico non significa che i pianeti si muovano "a caso"! In un sistema caotico ogni minimo errore nella misura delle condizioni iniziali viene amplificato col passare del tempo, rendendo i risultati dei calcoli totalmente inaffidabili nel lungo periodo. Nel caso del sistema solare, un errore anche di pochi metri nella stima della posizione della Terra oggi potrebbe diventare un'incertezza di 150 milioni di Km (circa la distanza Terra-Sole) tra 100 milioni di anni!

Uno dei pionieri dei sistemi caotici è stato il meteorologo Edward Lorenz, che nel 1963 studiando un modello semplificato di circolazione atmosferica ha scoperto un sistema di equazioni le cui soluzioni cambiano in maniera drammatica se le condizioni iniziali vengono alterate anche di pochissimo. Nella figura sotto vediamo due soluzioni del sistema di Lorenz, dove la curva rossa si ottiene modificando il valore iniziale di x di un millesimo; si vede che fino al tempo 30 le curve blu e rossa si sovrappongono, ma poi l'errore "esplode" e le traiettorie diventano completamente diverse.

Due possibili evoluzioni del sistema di equazioni di Lorenz; la curva rossa si ottiene modificando il valore iniziale del parametro x di un millesimo rispetto alla curva blu. Si vede come le due soluzioni (blu e rossa) coincidono fino al tempo 30, ma poi l'errore iniziale "esplode" e le due traiettorie diventano completamente diverse.

 

Anche senza saperlo conosciamo bene gli effetti della teoria del caos: l'atmosfera terrestre è un altro esempio di sistema caotico, e il risultato è che le previsioni meteo a medio-lungo termine sono quasi sempre un azzardo.

Per saperne di più e scoprire come il caos influenza il sistema solare, è disponibile il seguente video. Buona visione!

Il Gruppo Astrofili Polesani APS ha acquistato nuova strumentazione scientifica che verrà utilizzata per attività di ricerca e in occasione delle serate aperte al pubblico. Si tratta di due telescopi portatili semiprofessionali: un Dobson GSO 150/1200, e un riflettore Newton SkyWatcher 130/650 su montatura equatoriale CQ40 .L'uso di strumenti sempre più aggiornati è fondamentale per offrire ai visitatori un'esperienza coinvolgente. Per questo ringraziamo tutti coloro che, grazie alle offerte libere durante aperture al pubblico, hanno contribuito e contribuiranno a questo importante investimento.

Un telescopio astronomico svolge due funzioni distinte ma complementari: ingrandisce oggetti piccoli, e accumula luce per rendere visibile oggetti deboli. Esistono due tipi di telescopi: i rifrattori che usano lenti per ingrandire le immagini, e i riflettori che usano uno specchio concavo (sferico o parabolico). I telescopi rifrattori sono stati i primi ad essere sviluppati; Galileo Galilei fu il pioniere dell'uso del telescopio per osservazioni astronomiche. Il telescopio riflettore fu messo a punto successivamente da Isaac Newton per risolvere alcune limitazioni dei telescopi rifrattori. Gli strumenti acquistati dal Gruppo Astrofili sono entrambi di tipo riflettore, come lo sono i grandi telescopi usati oggi negli osservatori astronomici.

Oltre al tipo (riflettore o rifrattore), altri parametri importanti di qualunque telescopio sono la lunghezza focale e l'apertura. La lunghezza focale è la distanza (in millimetri) tra la lente o lo specchio principali e il punto in cui la luce viene messa a fuoco. L'apertura è il diametro (in millimetri) della lente o specchio principali. Un'apertura maggiore consente di raccogliere una maggiore quantità di luce. Una lunghezza focale maggiore consente maggiori ingrandimenti: infatti, il potere di ingrandimento di un telescopio può essere espresso come il rapporto:

lunghezza focale del telescopio / lunghezza focale dell'oculare

Oculare con lunghezza focale di 6mm(l'oculare è una componente ottica che si inserisce in prossimità del punto di fuoco del telescopio, ed è responsabile per proiettare l'immagine nell'occhio dell'osservatore; la lunghezza focale di un oculare è incisa sullo stesso). Ad esempio, un telescopio con lunghezza focale 1200mm dotato di un oculare da 25mm ingrandisce gli oggetti di 1200/25 = 48 volte.

L'apertura determina la risoluzione del telescopio, cioè la dimensione angolare del più piccolo dettaglio che è possibile distinguere. Il massimo ingrandimento utilizzabile di un telescopio è pari all'apertura. Ad esempio, un telescopio con apertura di 150mm potrà offrire un ingrandimento massimo di 150x. Ingrandimenti superiori, anche quando tecnicamente possibili, non porteranno alcun vantaggio perché le immagini risulteranno sfocate e confuse, a prescindere dalla corretta messa a fuoco.

Contrariamente a quanto si può pensare, l'aspetto forse più importante di un telescopio per uso amatoriale non è tanto l'ingrandimento, ma l'apertura. Infatti, molti oggetti dello spazio profondo sono relativamente grandi e non necessitano di elevati ingrandimenti: ad esempio, la galassia di Andromeda (M31) ha una dimensione apparente di circa tre volte quella della Luna piena. Oggetti del genere sono però estremamente deboli, ed è quindi indispensabile raccogliere più luce possibile, cosa che si può ottenere con una apertura elevata.

Il Dobson è stato messo alla prova in occasione dell'apertura al pubblico di venerdì 10 febbraio. I visitatori hanno potuto osservare la cometa C/2022 E3 ZTF (la "cometa dei Neanderthal") sia con il telescopio principale dell'osservatorio, sia con il Dobson 150/1200. Sebbene molto più piccolo dello strumento principale, il Dobson si è dimostrato di qualità ottima, cosa confermata anche dalle successive osservazioni di altri oggetti interessanti del cielo invernale (l'ammasso aperto M41, i dintorni della stella Lambda Orionis, Alcor e Mizar, la grande nebulosa di Orione, le Pleiadi).

Da sinistra a destra: Lambda Orionis (fonte: Wikipedia/Yu-Hang Kuo), M41 (fonte: Wikipedia/NOIRLab / NSF / AURA), nebulosa di Orione (fonte: Wikipedia), Pleiadi (fonte: Wikipedia)

Da sinistra a destra: Lambda Orionis (fonte: Wikipedia/Yu-Hang Kuo), M41 (fonte: Wikipedia/NOIRLab / NSF / AURA), nebulosa di Orione (fonte: Wikipedia), Pleiadi (fonte: Wikipedia)

Rielaborazione delle immagini precedenti per mostrare come appaiono al telescopio se osservate visivamente: l'immagine è molto meno contrastata el, salvo casi particolari, le immagini appaiono in bianco e nero.

Rielaborazione delle immagini precedenti per mostrare come appaiono al telescopio se osservate visivamente: le immagini sono molto meno contrastate e, salvo casi particolari, appaiono in bianco e nero.

È importante ricordare che le immagini che si osservano visivamente al telescopio sono molto diverse da quelle prodotte fotograficamente, magari usando telescopi spaziali o strumentazione professionale. Infatti, le macchine fotografiche sono in grado di accumulare i fotoni (le "particelle di luce"); immagini diverse possono poi essere combinate al computer per aumentare ulteriormente la luminosità ed esaltare i colori. L'occhio umano non è in grado di accumulare luce: di conseguenza, ad eccezione di Luna e pianeti, le immagini risultano in bianco e nero, perché l'occhio non raccoglie abbastanza luce per sollecitare le componenti della retina responsabili per elaborare i colori (i coni). Nelle immagini precedenti mostriamo la versione elaborata al computer (in alto) e una simulazione di ciò che si può osservare visivamente al telescopio (in basso).

Ricordiamo che l'osservatorio astronomico "Vanni Bazzan" si trova a S. Apollinare (RO) in via Sinesio Cappello 12, ed è aperto al pubblico di norma tutti i venerdì a partire dalle ore 21:00. Non serve prenotazione e l'ingresso è gratuito ad offerta libera.

   

(Foto: Tommaso Schiesaro)

 

Cosa succederà nei prossimi mille anni? E nei prossimi diecimila? E nel prossimo milione di anni? ...e fino all'eternità?

Ne abbiamo parlato durante l'apertura al pubblico di venerdì 27 gennaio 2023, durante la quale i visitatori sono stati condotti in un viaggio nel tempo da qui all'eternità, per assistere agli eventi straordinari che accadranno o potrebbero accadere, e prendere coscienza di come l'universo potrebbe finire.

 

 Per approfondire: